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![]() zenmaster - info@zenhome.it - 09/06/2002 Un`altro spunto di discussione proposto sempre da una pubblicazione di Franco Garelli. --------------- La diversità culturale – ma potremmo anche chiamarla estraneità culturale – è infatti una pratica che si sta diffondendo soprattutto tra le giovani generazioni. Gli squatters, gli autonomi, i frequentatori dei centri sociali o le subculture spettacolari (di chi esprime con simboli vistosi un’immagine sociale alternativa) sono solo la punta dell’iceberg di un fenomeno culturale più diffuso di quanto si pensi tra i giovani e i cui effetti potrebbero essere devastanti. Collocarsi ai margini della società «ufficiale» è un tratto culturale emergente, che coinvolge anche giovani che possono contare su varie risorse di realizzazione. Attualmente, ampie quote di giovani non sono particolarmente propensi a farsi carico di una presenza sociale costruttiva, preferendo perlopiù stare ai margini del sistema sociale, ricercando tra le pieghe di esso le proprie possibilità espressive senza impegnarsi a modificare le situazioni. I giovani contano poco oggi nella società, ma non sembrano interessati a contare di più. Più che scendere in campo con una partecipazione attiva, preferiscono assumere una posizione defilata o poco identificata, magari pronti a dare il meglio di sé negli spazi autonomi e extra-istituzionali di partecipazione. Si sta all’interno della società ma con «la testa da un’altra parte»; si usufruisce dei vantaggi e delle opportunità offerte dal sistema sociale (a livello di formazione, di tempo libero, di consumo, ecc.) ma senza identificarsi in esso; si frequentano i luoghi ordinari ma ci si sente pienamente vivi e partecipi perlopiù nei «non luoghi», tra cui spiccano in particolare gli ambienti di evasione e di trasgressione e il fascino della notte. «Abitare la notte» indica anzitutto un atteggiamento mentale, una disposizione dello spirito. Questo atteggiamento di presenza-assenza, borderline, è ovviamente comprensibile da parte di una generazione che ha comunque l’esigenza di dare un senso al proprio vivere pur in una situazione che avverte come difficile e densa di vincoli. Ma esso rischia a lungo andare di privare la società dell’apporto positivo e costruttivo di una parte vitale di essa, rappresentata appunto dalle risorse delle nuove generazioni. Nessuna società può permettersi – se non vuole votarsi al declino irreversibile – di fare a meno dell’apporto innovativo e partecipe delle generazioni più giovani, chiamate a trovare una propria collocazione all’interno dei rapporti sociali, a maturare una specifica coscienza generazionale, a ripensare collettivamente le vicende che caratterizzano la propria epoca, a interagire dialetticamente e anche criticamente con chi detiene le responsabilità pubbliche e con le generazioni che le hanno precedute. |
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