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Introduzione

Cosa e' il Reiki:

Il Reiki o REiki-Do e' un'antica pratica di guarigione collegata all'imposizione delle mani e all'energia che vi scaturisce (il Ki o Chi).
Con l'imposizione delle mani su appropriati punti del corpo sofferente il praticante trasmette la propria energia diretta a lenire o addirittura guarire la patologia.
Praticare Reiki vuol dire "imparare ad essere canali" dell'energia
La parola " reiki " è composta da rei e da ki.

(rei ki)

Rei significa lo spirito o anima.E' la conoscenza che viene dall' universo, l' energia divina,
cio' che e' alto e di elevato sapere. L'energia che permea l'universo.

Ki significa forza/energia vitale. E' l'energia che anima tutti gli esseri viventi. È la coscienza spirituale chiamata rei che guida il ki. Il Ki e' l'essenza Individuale, cioè quella peculiare caratteristica che distingue ogni essere da tutti gli altri. Secondo una interpretazione spirituale o filosofica potremmo parlare di Anima, di Microcosmo, di Coscienza, di Psiche oppure più concretamente di Personalità, Individualità, Carattere, Identità


Per approfondire la simbologia del kanji REI KI clicca qui


Che la nostra entità vada oltre la semplice forma fisica, concreta e visibile, è non solo risaputo ma addirittura provato scientificamente.Oltre al corpo fisico, dove l’energia degli atomi vibra con determinate lunghezze d’onda, disponiamo di un corpo energetico, composto da numerosi strati che vibrano con lunghezze d’onda tra loro differenti.

Occorrono un certo allenamento ed una certa predisposizione per percepirli ad occhio nudo, ma è possibile "fotografarli" utilizzando particolari dispositivi elettronici, tra i quali la cosiddetta "camera Kirlian".


Cosa non e' il Reiki:

Reiki non è una religione. Un trattamento di Reiki non è cura medica. Un trattamento di Reiki non è psicoterapia. Un trattamento di Reiki non è un massaggio. I maestri di Reiki ed i professionisti di Reiki non diagnosticano la malattia né prescrivono farmaci. Reiki è una terapia complementare di energia e non dovrebbe essere osservato come sostituto per cura medica.

 

La storia

La storia antica

Secondo la tradizione, il Buddhismo venne introdotto in Giappone nel 552 a.c. e per circa tre secoli fu praticato esclusivamente dalle classi nobili e da sacerdoti appartenenti anch'essi al ceto aristocratico.

Per migliaia di anni, alcune pratiche furono di uso esclusivo di alcune caste e legate a dinamiche di potere, come, ad esempio, l'uso delle energie a scopo terapeutico. Prima di arrivare in Giappone, il Buddhismo ha compiuto un lungo tragitto, partendo dal suo luogo di origine, l'India orientale, e diffondendosi in tutto il sud-est asiatico e la Cina.

Questa antichissima pratica di guarigione, attraverso l'apertura dei canali energetici e successivamente con l'imposizione delle mani, si perde nella storia più remota dell'evoluzione dell'uomo su questo pianeta e naturalmente si ritrova un po' dappertutto, anche con segni abbastanza precisi, con simboli, leggende e moltissimo altro. Il Reiki-Do è sicuramente stato assorbito, assieme a tante altre pratiche, nel cammino che ha percorso il Buddhismo verso est.

La base del metodo si è mantenuta intatta nel corso dei secoli, perché, per ottenere la vibrazione ricettiva del passaggio dell'energia, vi è una tecnica precisa, con precisi connotati matematici; mentre la metodologia di applicazione, i risvolti filosofici, l'apprendimento, hanno sicuramente subito influenze e trasformazioni attraverso la sperimentazione di migliaia di persone in 20 secoli.

Il contesto storico-culturale giapponese si è mantenuto pressoché intatto fino al 1868, quando il sistema politico, detto "Bakufu" (Shogunato), piuttosto simile al sistema feudale del Medio Evo europeo, ebbe termine. Si ebbe , così, in Giappone la restaurazione del potere imperiale, con l'ascesa al trono dell'imperatore Meiji (1868 - 1912). In questo periodo il Giappone assistette alla nascita di un governo progressista e giovane che creò un profondo cambiamento culturale nel paese.

La riscoperta del metodo Reiki-Do è relativamente recente, si parla della fine del XIX secolo ad opera di Mikao Usui
.

Mikao Usui secondo
il maestro Yakada Hizuguchi

La personalita' vivente piu' attendibile sulla tradizione del Reiki e' Gyö Yakada Hizuguchi, monaco buddhista più che ottantenne di Takayama, sulle Alpi Giapponesi, profondo conoscitore del metodo. Egli conobbe di persona Chijiro Hayashi, ufficiale di marina e secondo maestro in linea diretta dopo Mikao Usui.


Hizuguchi è un monaco che pratica meditazione Zen e continua ad usare il metodo Reiki-Do collegandolo alle discipline del Buddhismo esoterico, legate ai Buddha della guarigione. La visione di questo grande Maestro è molto ampia e a volte comprendere è veramente difficile.

Il concetto principale della visione del Buddhismo Zen di questo Maestro è che
l'uomo è sempre uno specchio su cui si riflette una coscienza superiore, alla portata di tutti e che il passaggio di questa comprensione/conoscenza dipende da noi, dalla nostra evoluzione.

E'importante comprendere il significato della tradizione orale. Il Buddhismo Zen, ad esempio, ha una bibliografia molto limitata, proprio perché è legato all'esperienza diretta. Ed anche le discipline legate alla trasmissione di energia ed al suo innalzamento sono tramandate solo oralmente, da Maestro a discepolo, in maniera esperienziale. Il Reiki-Do, nella sua forma originale, è una di queste. Non può essere appreso attraverso la conoscenza, ma attraverso l'apertura esperienziale della coscienza. L'esperienza, per essere tale, può essere solo diretta, non può essere sostituita da nessun palliativo e tantomeno dai libri.

Secondo questo monaco, Mikao Usui (Usui in Giappone è un cognome molto comune) non si è mai spostato dal Giappone, al massimo potrebbe essere andato in India, ma il Maestro Hizuguchi ne dubita molto.

La storia di Usui tramandata qui in occidente e' invece la seguente:
Mikao Usui era un insegnante in una scuola cri stiana di preti a Kioto e la sua ricerca iniziale partì dal fatto che Gesù Cristo compiva le sue guarigioni imponendo le mani e il dottor Usui iniziò a ricercare le tracce di questo metodo, prima in America, a Chigago, poi in India cercando in antichi testi sia cristiani che Indiani e cinesi. Poi tornato in Giappone scoprì nelle Sutre Buddhi, scritte 2500 anni fa in sanscrito, le risposte alle sue domande. Meditò e digiunò per ventuno giorni sulla montagna sacra e tornò con la conoscenza del metodo Reiki.




Mikao Usui ebbe il grande merito e la possibilità di portare a livello popolare questo metodo chiamandolo Reiki-Do. Usui ebbe diversi allievi, uno di questi fu un ufficiale in pensione della marina. Egli aiutò molto la diffusione del Reiki-Do aprendo una clinica e dando l'insegnamento a diversi allievi in maniera completa. Una di queste allieve, la Signora Hawajo Takata, una giapponese naturalizzata americana, lo esportò alle Hawaii subito prima dello scoppio della seconda guerra mondiale.

La storia di Usui secondo il maestro Hawayo Takata

Un altro maestro storico del REIKI che conobbe Mikao Usui fu Hawayo Takata.
E' interessante riptoporre la narrazione che Hawayo Takata faceva ai suoi studenti
nelle prime lezioni di reiki:

"Mikao Usui era un Monaco Cristiano e come ogni domenica, si apprestava a officiare la regolare cerimonia nella cappella del collegio maschile di cui era anche il rettore. Uno degli studenti si alzò in piedi, chiese il permesso di parlare e quando gli fu accordato disse:
"Parlo a nome degli studenti che hanno concluso gli studi e lasceranno la scuola per andare nel mondo. Noi siamo giovani e abbiamo tutta la vita davanti a noi, ma abbiamo anche molti dubbi e timori e vorremmo delle rassicurazioni. Per anni abbiamo studiato in questo collegio e conosciamo la Bibbia, sappiamo che Gesù Cristo operava miracoli perché le persone credessero in lui. Ma noi non abbiamo mai assistito ad alcun miracolo e ci chiediamo che cosa significa credere in Dio. In tutti questi anni, Dottor Usui, Lei è stato il nostro insegnante e la nostra guida, conosciamo la Sua fede profonda nelle Sacre Scritture, ma noi non abbiamo la Sua fede. Per favore, la preghiamo di darci una dimostrazione che ciò che è scritto corrisponde a verità."

Usui disse che effettivamente era un buon Cristiano e che aveva una assoluta fiducia che ciò che si diceva del Cristo fosse pura verità e che esistevano testimonianze storiche e opere teologiche che dimostravano le capacità taumaturgiche del Cristo e l'esistenza dei miracoli.

Ma lo studente continuò: "Noi la onoriamo e la rispettiamo come nostro Maestro, ma tra poco noi saremo fuori di qui e ce la dovremo cavare da soli. Noi le chiediamo di farci vedere come si fa a restituire la vista a un cieco o a guarire un lebbroso o a resuscitare un morto."

Usui rispose che questo non poteva farlo, perché nessuno glielo aveva insegnato.

E lo studente riprese a parlare, questa volta con un velo di amarezza nella voce: "Noi la ringraziamo per tutto quello che ci ha insegnato, ma ora sappiamo che la Sua fede è una fede cieca e noi non vogliamo credere ciecamente a qualcosa, vogliamo fatti e dimostrazioni tangibili, vogliamo essere certi che quello che facciamo o diciamo esiste davvero. Lei ha ricevuto in dono questa fede assoluta e ha vissuto a lungo per rafforzarla, ma questo riguarda la Sua vita. Noi stiamo iniziando la nostra e abbiamo bisogno di una dimostrazione per continuare a credere in Lei e nei Suoi insegnamenti e avere un giorno la Sua stessa fede."

Usui disse che non poteva mostrare alcuna guarigione in quel momento, e non volle proseguire oltre quella discussione. Ma le parole dello studente lo avevano profondamente colpito e dopo un lungo silenzio aggiunse:

"Bene, dunque. Io non posso dimostrarvi nulla, in questo momento, ma un giorno ve lo proverò. E per fare questo fin da ora rassegno le mie dimissioni da ogni incarico e parto alla ricerca del segreto della guarigione. E quando lo troverò, ritornerò e ve ne darò una dimostrazione."

E così Mikao Usui, non più giovanissimo, partì alla ricerca di come poter guarire gli ammalati e ridare la vista ai ciechi. Per sette anni approfondì i suoi studi sul Cristianesimo e sulla Bibbia ma non trovò alcuna spiegazione né alcuna formula sulla guarigione. Studiò altre Religioni e Filosofie e quando giunse al Buddismo scoprì che anche il Buddha conosceva l'arte di guarire i ciechi e i lebbrosi. Si recò dunque nei monasteri chiedendo ai monaci se fosse vero che nei Sutra si parlava del potere di guarire le malattie, ma la risposta era quasi sempre la stessa: "Si, certo, è scritto che il Buddha guariva i lebbrosi appoggiando le mani sul loro corpo, ma noi monaci buddisti riteniamo che tutto dipende dalla mente e non possiamo dedicare molto tempo al corpo. Certo è importante mangiare e bere moderatamente e occuparsi di essere in salute e rispettosi della vita, ma quello che ci preme innanzi tutto è la salute dello Spirito. Per questo noi trascorriamo lunghe ore immobili nella meditazione o recitando preghiere, per trascendere il corpo e sviluppare le facoltà della mente."

E ogni volta Usui faceva un inchino, ringraziava e andava nel monastero successivo. Trascorsero mesi e mesi di infruttuose ricerche, tutti sembravano troppo occupati con la mente per interessarsi del corpo, e Usui era molto depresso. Ma non mollava e ogni volta diceva a se stesso che evidentemente doveva esserci un altro posto in cui cercare.

E finalmente incontrò un Tempio Zen, fu accolto con benevolenza, gli fu accordato il permesso di leggere i Sutra e di partecipare alle sedute di meditazione con i monaci. Passarono altri tre anni ed era sempre più chiaro per Usui che le ricerche sarebbero durate ancora molto tempo. Egli comprese che molte trascrizioni erano originariamente scritte in cinese e per leggerle imparò il cinese, poi pensò che Buddha era nato in India e che sicuramente molte delle scritture non erano state ancora tradotte.

E fu proprio in quei Sutra scritti nell'antica lingua sanscrita che Usui alla fine trovò la formula. Niente di complicato, semplice e chiara come due più due fa quattro e tre più tre fa sei. Ma la formula era stata scritta 2.500 anni prima. Doveva essere interpretata correttamente. Avrebbe funzionato o lo avrebbe ucciso? Usui parlò con il monaco che dirigeva il monastero Zen: "Andrò sul monte Koriyama e mi sottoporrò alla prova per 21 giorni. Digiunerò e mediterò. Arrivato a questo punto non posso tirarmi indietro. Se il ventiduesimo giorno non sarò ritornato, mandate a cercare il mio corpo perché vorrà dire che sono morto." E partì.

Scelse un luogo vicino a un corso d'acqua, si sedette sotto un grande cedro e iniziò la meditazione. Collocò davanti a sé ventun sassolini, e ogni giorno che passava ne toglieva uno. Egli sapeva che doveva aspettare che accadesse qualcosa, ma non sapeva cosa. E nel frattempo leggeva le scritture, recitava i Sutra, meditava e beveva solo acqua. Stava per sopraggiungere l'alba del ventunesimo giorno, la notte era ancora scura, senza luna, senza stelle. Quella era l'ultima meditazione. Quando aprì gli occhi vide in lontananza una piccola luce tremolante, come la fiamma di una candela. La luce si avvicinava verso di lui, puntando diritta alla fronte. Ne ebbe paura, pensò che era ancora in tempo per evitarla o per chiudere gli occhi, ma sapeva che quella era la prova che stava aspettando e rimase a fissarla. In un attimo la luce lo colpì in mezzo alla fronte e l'impatto fu così forte che Usui cadde all'indietro. Quando cominciò a guardarsi intorno, ancora stordito dal colpo, vide milioni e milioni di sfere di luce agitarsi, muoversi, danzare davanti a lui. Avevano tutti i colori dell'arcobaleno, tutti e sette. Una grande luce apparve davanti a lui e come su uno schermo egli vide passare in lettere dorate ciò che aveva appreso quando leggeva il testo sanscrito. Le parole pulsavano davanti ai suoi occhi come dicendo: "Ricordati, Ricordati. E' Così. Ricordati". E Usui non sentiva più dolore, né paura, né fame ne stanchezza e sentì che aveva ricevuto una benedizione, quel giorno. "Ora posso aprire gli occhi e gettare l'ultimo sasso" disse. Si alzò e riprendendo il cammino di ritorno si accorse che le sue gambe erano forti e i piedi stabili, come se avesse pranzato. "Questo è il primo miracolo!" pensò, "Mi sento sazio e riposato".

Scendendo dalla montagna, inciampò in una roccia e si ferì un dito del piede, l'unghia era staccata, la ferita sanguinava e doleva molto. Istintivamente afferrò il dito con la mano e poco dopo sentì un profondo calore che entrava nella ferita. Il dolore scomparve e il sangue cessò di uscire. "Questo è il secondo miracolo", pensò. E continuò il cammino.

Dopo un po' incontrò una locanda e si fermò per riposare e per mangiare qualcosa. La figlia del padrone aveva un terribile mal di denti e da settimane piangeva dal dolore. Usui mise le mani sulle sue guance e in breve il male svanì. La ragazza incredula e felice saltava qua e là ringraziando e dicendo a tutta la famiglia che quello non era un monaco normale, ma che aveva qualcosa di magico nelle sue mani. Il padrone della locanda per sdebitarsi offrì una abbondante colazione al suo inatteso ospite, non nascondendo il timore che dopo tanti giorni di digiuno potesse arrecargli danno.

Dopo essersi saziato Usui pensò che erano accaduti altri due miracoli: la ragazza non aveva più il mal di denti e lui non aveva fatto indigestione! Verso sera fu di ritorno al monastero e come prima cosa voleva vedere il monaco per raccontargli ogni cosa, ma il monaco soffriva di artrite ed era in preda ad un violento attacco di mal di schiena. Usui andò a trovarlo nella sua piccola stanza e mentre raccontava teneva appoggiate le sue mani sulla schiena del povero malato. E disse del digiuno, della lunga attesa, della luce e di come era andata la giornata. Terminato il racconto Usui fece per congedarsi, ma il monaco dopo un attimo di stupore disse: "Il dolore non c'è più, potrò dormire finalmente! Mi sento meravigliosamente e pieno di energia! Così è questo che tu chiami ReiKi! Domani parleremo ancora".

E così decisero che il modo migliore per usare il segreto della guarigione era portarlo dove più ce ne era bisogno, ovvero nei sobborghi di Kyoto, nel quartiere dei mendicanti. E infatti Usui vi si stabilì per diversi anni, perfezionando la tecnica della guarigione: scoprì che i giovani guarivano più in fretta, bastavano pochi giorni di trattamento, mentre i più vecchi necessitavano di settimane, a volte mesi di applicazioni di Reiki.

Egli lavorava instancabilmente e poco a poco tutti o quasi avevano potuto guarire le loro malattie, recarsi in città, trovare un lavoro e diventare cittadini rispettabili. Ma un brutto giorno, mentre Usui girava per il sobborgo per vedere quanto lavoro restava ancora da fare, incontrò una faccia conosciuta, e poi un'altra e un'altra ancora.

Le persone che aveva curato e che avevano cambiato vita stavano ritornando indietro, volevano fare di nuovo i mendicanti. Usui ebbe un violento accesso di collera, vide il lavoro di anni vanificarsi in un attimo e gridava queste parole: "Cosa ho fatto? Cosa ho fatto? Io non ho salvato una sola anima! Dunque avevano ragione che la mente è più importante del corpo. Ho dunque fallito, completamente fallito? Se avessi pensato prima di tutto a guarire il loro spirito e poi il corpo forse non sarebbe andata così". Ed era davvero deluso e amareggiato e se la prendeva con se stesso.

E quando chiese ai mendicanti perché fossero tornati uno rispose: "Chiedere l'elemosina è un mestiere molto più facile di tutti quelli che ho trovato là fuori. E' più facile trovare qualcosa da mangiare e un posto dove dormire che lavorare tutto il giorno. Fare il mendicante è un buon lavoro, mi riempio la pancia e non devo stressarmi più di tanto."

Le ultime parole di Usui furono: "Ingrati, siete avidi e ingrati, volete tutto per voi e non siete disposti a dare nulla in cambio: ecco perché siete di nuovo in mezzo al fango. I mendicanti restano mendicanti, siete solo capaci di chiedere, ma non conoscete gratitudine né generosità. Basta ReiKi, basta mendicanti!"

Ma gli anni di lavoro nel quartiere non erano stati vani: ora egli sapeva che non bastava guarire il corpo, ma occorreva anche insegnare agli uomini a essere grati per la vita, a essere onesti e generosi, a ringraziare Dio per i doni di ogni giorno.

E così nacquero i Princìpi di Reiki:


Solamente per oggi, non arrabbiarti.
Solamente per oggi, non preoccuparti.
Terremo conto di tutte le benedizioni e onoreremo i nostri genitori,
i nostri insegnanti e i nostri vicini.
Onoreremo il cibo, non lo sprecheremo, perché anche il cibo è un dono di Dio.
Vivremo onestamente, ci guadagneremo da vivere in modo dignitoso
e infine saremo pieni di amore e di compassione verso tutto ciò che ha vita.


Usui trascorse il resto della sua vita viaggiando a piedi per tutto il Giappone. Egli andava nei mercati affollati di gente e vagava su e giù con una lampada accesa in mano in pieno giorno. E quando qualcuno gli faceva notare, rispettosamente, poiché era un monaco conosciuto e stimato, che se cercava qualcosa non c'era bisogno di quella luce, perché era giorno e si vedeva benissimo, egli rispondeva: "Quello che sto cercando io non si vede alla luce del sole. Il mondo è pieno di gente triste, chiusa e arrabbiata. Io cerco qualcuno che abbia voglia di far luce nel suo cuore e guarire da ogni sofferenza, e rendere puri e forti la mente, il carattere e il corpo. Se vuoi ascoltare questa lezione, seguimi".

In memoria di Usui Sensei
Nel Tempio Saihoji che si trova nel Distretto Suginami di Tokyo esiste un monumento commemorativo di Usui Sensei, costituito da un monolito di due metri per quattro e collocato vicino alla tomba contenente le ceneri di Usui, della moglie e del figlio. Contiene iscrizioni firmate dal Signor Ushida che parlano della vita di Usui e di come i principi di Reiki provengano dagli scritti dell'Imperatore Meiji. Il memoriale fu costruito pochi mesi dopo la morte di Usui e mantenuto fino ad oggi dalla Usui Shiki Reiki Ryoho Giapponese. Ne riportiamo l’inizio:

"Colui che si dedica con impegno nello studio e nella meditazione e lavora instancabilmente per migliorare il corpo e la mente allo scopo di diventare una persona migliore è chiamato "un uomo dalla grande anima". Coloro che utilizzano questo dono per scopi sociali, ovvero indicare la retta via a molte persone e operare il bene comune, sono chiamati "maestri". Usui era uno di questi maestri. Egli insegnò il ReiKi Universale. Innumerevoli persone andarono da lui e gli chiesero di insegnarli la grande via di ReiKi e di guarirle."

Per concludere una frase di un filosofo occidentale che e' perfettamente in sintonia con i concetti base del Reiki: "Se vuoi guarire il tuo corpo, devi prima sanare la tua anima" (Platone)